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lunedì 3 maggio 2010

Fiabe Grimm per bambini: Rosabianca e Rosarossa


C'erano una volta due sorelline, che vivevano con la mamma in una piccola casetta. Dalla finestra della casetta la madre poteva ammirare i suoi piccoli rosai, uno fioriva di rose bianche e l'altro di rose rosse e visto che le figlie somigliavano ai due rosai, l'una si chiamava Rosabianca e l'altra Rosarossa.
Erano buone, laboriose, gentili e sempre pronte ad aiutare.
Rosabianca era silenziosa e dolce, mentre Rosarossa amava correre per i prati, raccogliere i fiori e acchiappare le farfalle.
Rosabianca preferiva stare in casa ad aiutare la mamma e se non c'era nulla da fare, si metteva a leggere ad alta voce un libro.
Le due sorelline si volevano un mondo di bene e quando uscivano insieme si tenevano sempre per mano e se Rosabianca  diceva:
"Non ci separeremo mai."
Rosarossa rispondeva: "No, mai. Per tutta la vita!"
E la madre aggiungeva: "Quello che è dell'una, deve essere anche dell'altra."
Spesso le due bambine passeggiavano nel bosco in cerca di more e lamponi; gli animali non facevano loro alcun male, anzi si avvicinavano e mangiavano dalle loro mani.
Così poteva capitare che una lepre brucasse l'erba ai loro piedi o che un capriolo mangiasse l'erba che le bambine gli offrivano. Oppure si poteva vedere un cervo che saltellava allegramente e gli uccellini che invece di scappare via, se ne stavano lì a cantare sui rami degli alberi.
Se la notte le sorprendeva, le due sorelle si accovacciavano nel muschio e dormivano tranquille l'una accanto all'altra fino a mattina, senza che le accadesse nulla di male; la madre lo sapeva e non stava mai in pensiero.
Una volta accade un fatto strano, in una di queste occasioni in cui pernottarono fuori casa, quando si svegliarono, ai primi chiarori dell'alba, videro accanto a loro un bel bambino vestito con un abitino bianco e scintillante.
Il bimbo si alzò e le guardo con dolcezza, senza parlare si allontanò nel bosco. Le bambine allora, si guardarono attorno e si accorsero di aver dormito proprio sull'orlo di un abisso e sarebbero cadute di sotto se avessero fatto qualche altro passo nel buio.
Quando raccontarono questa avventura alla madre, ella rispose:
"Certamente era l'angelo che veglia sui bambini buoni."
Rosabianca e Rosarossa tenevano così pulita la casa, che era una gioia vederla. D'estate Rosarossa sbrigava le faccende di casa e ogni mattina portava un bel mazzo di fiori con due rose dei loro alberelli. D'inverno Rosabianca accendeva il fuoco e appendeva il paiolo d'ottone che aveva lustrato e brillava come l'oro!
Nelle sere fredde invernali la madre diceva:
"Rosabianca vai a mettere il catenaccio alla porta."
Poi sedevano tutte e tre accanto al focolare, la madre inforcava gli occhiali, prendeva un grosso libro e incominciava a leggere bellissime storie; le figlie ascoltavano e filavano.
Accanto a loro  era sdraiato un agnello e dietro, su un bastoncino c'era un piccolo piccione bianco, che sonnecchiava con la testa nascosta sotto l'ala.

Una sera qualcuno bussò alla porta, "TOC, TOC!"
"Presto Rosarossa, vai ad aprire alla porta, sarà un viandante in cerca di ristoro."
Rosarossa levò il catenaccio... Ma chi si trovò davanti? Un enorme orso, che infilò nell'uscio la sua grossa testa!
Rosarossa strillò e fece un salto indietro, l'agnello belò e il piccioncino svolazzò impaurito, Rosabianca si ficcò dietro il letto della mamma. Ma l'orso si mise a parlare:
"Non abbiate paura, non vi farò alcun male, sono infreddolito e tutto congelato, vorrei solo scaldarmi un pochino con voi..."
"Povero orso..." disse la madre "Mettiti vicino al fuoco e stai attento a non bruciarti il pelo."
Poi proseguì: "Rosabianca, Rosarossa, venite pure! L'orso non vi farà nulla, non ha cattive intenzioni."
Le ragazze si avvicinarono e dopo poco uscirono fuori anche l'agnello e il piccioncino e nessuno aveva più paura.
"Bambine, scuotetemi un po' di neve dalla pelliccia." chiese l'orso.
Le ragazze presero una scopa  e spazzarono il pelo dell'orso, che si sdraiò accanto al fuoco, mugolando felice e contento.
In breve tempo fecero amicizia e le bambine giocavano tutto la sera con questo goffo ospite.
Gli facevano di tutto: lo cavalcavano come fosse un cavallo, gli tiravano il pelo, lo spingevano di qua e di là, lo picchiavano con una verga e quando mugolava, ridevano.
L'orso era paziente, ma quando le bambine esageravano, gridava:
"Rosabianca, Rosarossa, lasciatemi stare!"
Arrivò il momento di andare a dormire e le bambine andarono a letto, la madre disse all'orso:
"Puoi rimanere qui accanto al fuoco in pace, così sarai protetto dal freddo e dal gelo."
All'alba le bambine lo fecero uscire e lui sparì, trottando nel bosco.
Alla sera tornò e così avvenne ogni sera: alla stessa ora bussava "Toc, toc", Rosarossa apriva la porta, l'orso si sdraiava accanto al fuoco e le bambine giocavano per tutta la sera con lui. Tutti i giorni così, finché le bambine non misero più il catenaccio alla porta.
Arrivò la primavera, la natura si era risvegliata e il sole con i suoi tiepidi raggi aveva riscaldato la terra e sciolto la neve e il gelo.
Una mattina l'orso disse a Rosabianca:
"Adesso devo andarmene via per tutta l'estate, non posso più tornare."
"E dove vai?" gli chiese la ragazzina.
"Devo andare nel bosco a difendere il mio tesoro dai nani cattivi. Durante l'inverno, quando la terra è gelata, devono starsene sotto terra e non riescono a trovare la via per uscire, ma adesso che il sole ha sgelato la terra, si fanno strada, risalgono e frugano dappertutto, rubando ogni cosa! Tutto quello che trovano lo nascondono nelle caverne e non si trova più tanto facilmente!"
Rosabianca era molto triste e quando gli aprì la porta, un po' di pelo dell'orso rimase impigliato nei cardini della porta, strappando via un pezzo di pelle dell'orso. Alla ragazza parve veder luccicare dell'oro, ma non ne era molto sicura, perciò non disse nulla.
L'orso uscì fuori, corse via e scomparve tra gli alberi del bosco.

 



Passò un po' di tempo e la mamma mandò le bambine nel bosco a raccogliere dei legnetti per il fuoco.
Camminarono a lungo, finché trovarono un albero abbattuto e nell'erba c'era qualcosa che saltellava su e giù. Non si capiva cosa fosse. Si avvicinarono e videro un nanetto con la faccia tutta raggrinzita e una lunghissima barba bianca.
La punta della barba si era incastrata in una spaccatura del tronco dell'albero e il nano non riusciva a liberarsi, per questo saltellava come un ranocchio nello stagno.
Il nano fissò le ragazze con i suoi occhi rossi e strillò:
"Cosa fate lì? Non potete darmi una mano?"
"Ma cosa hai fatto omino?" Chiese Rosarossa. 
"Stupida curiosa." Rispose il nano "volevo spaccare l'albero per prendere la legna per la mia cucina. Me ne serviva poca, io mangio poco, non sono come voi ingordi golosi. Avevo già fatto un bel taglio nel legno e infilato dentro il cuneo per far cadere l'albero, ma all'improvviso è saltato via tutto, l'albero si è richiuso così in fretta che mi è rimasta pinzata dentro la mia bella barba... E adesso non riesco più a liberarmi."



Si guardò la barba poi disse ancora con rabbia: "Ma guarda queste due zoticone come ridono! Ma ne avete di sale in zucca?"
Le bambine allora, cercarono di aiutare il nanetto, ma non riuscirono a liberare la barba. 
"Chiamerò qualcuno!" disse Rosarossa.
"Ma sei tutta stupida?" gridò il nanetto saltando ancora di più.
"Ci manca che venga qualcuno e mi veda così! Bastate voi due. Non vi viene in mente niente di meglio?"
"Ci penserò io." disse allora Rosabianca "Un po' di pazienza."
Tirò fuori delle piccole forbicine dalla tasca del suo vestito e zacchete, zacchete tagliò via la punta della barba.
Appena il nano sentì di essere libero, le guardò inferocito, prese una borsa piena di oro, che aveva nascosto tra le radici di un albero e barbottò: "Che scellerate! Tagliarmi via la parte più bella della mia barba. Il diavolo vi porti!"
Prese il sacco in spalla e se ne andò senza nemmeno ringraziarle.

Dopo un po' di tempo, Rosabianca e Rosarossa andarono a pescare, perché volevano preparare un bel pranzetto a base di pesce. Arrivate al ruscello videro qualcosa saltare verso l'acqua. Accorsero e videro di nuovo... il nanetto!
"Dove vai?" domandò Rosarossa "Non vorrai buttarti in acqua?"
"Cosa credi? Non sono matto, sai?" rispose stizzito il nanetto.
"Non vedete?" Quel pesce vuole tirarmi dentro con lui!" 
Il nanetto si era seduto per pescare, ma il vento gli aveva attorcigliato la barba intorno al filo della lenza e proprio in quel momento aveva abboccato un pesce, uno bello grosso, che incominciò a tirare, tirare e il nano non riusciva a fare forza per tirarlo, anzi veniva trascinato su e giù dal pesce. L'ometto cercava di aggrapparsi ai giunchi o gli steli, ma non c'era niente da fare, il pesce era più forte.
Le ragazze arrivarono giusto in tempo, cercarono di sbrogliare la barba, ma niente. Era tutta ingarbugliata!
Così Rosabianca tirò fuori le forbicine e zacchete, zacchete tagliò via un altro pezzo di barba. 
Il nano squittì dalla rabbia: "Cosa avete fatto? Brutte! Mi avete rovinato la barba. Non bastava avermi tagliato la mia bellissima punta, adesso dovevate proprio togliermi la parte più bella! Non potrò più mostrarmi dai miei. Vorrei tanto vedervi correre finché le vostre suole non si consumino!"
Poi prese un sacco pieno di gemme e scappò via, dentro un cunicolo sotterraneo, senza nemmeno ringraziarle.

Dopo un po' di tempo la mamma mandò le bambine in città a comprare ago, filo e stoffe per cucire.
Per arrivare in città dovevano attraversare una brughiera, nella quale si trovavano grosse pietre.
Mentre camminavano, notarono un grosso uccello che volava alto nel cielo, poi si abbassava e roteava sopra le loro teste, calava sempre più in basso, finché lo videro atterrare poco lontano, vicino ad un masso. Dopo si sentì uno strillo acuto. Le bambine corsero a vedere cosa fosse accaduto. E chi incontrarono di nuovo? La loro vecchia conoscenza: il nanetto! Un'aquila lo aveva catturato e cercava di alzarsi in volo per portarselo via.
Le bambine si lanciarono verso il nano e lo tiravano per la giacchetta e le gambe. Tira di qua, tira di là, finalmente l'aquila mollò la presa e se ne volò via. Il nano fu libero. Dopo essersi ripreso, urlò:
"Ma cosa avete fatto di nuovo? Ma guardate qui? Mi avete rovinato tutti i vestiti! Non avevate un altro modo per aiutarmi? Stupide che siete... "
Poi prese un sacco pieno di pietre preziose, se lo mise in spalla e si intrufolò giù nella sua tana, sotto le rocce.
Le fanciulle ormai si erano abituate all'ingratitudine del nano, quindi si rimisero in cammino verso la città per fare il loro acquisti.
Al ritorno ripassarono per la brughiera e videro il nano che aveva rovesciato tutto il contenuto del suo sacco, pensando che nessuno sarebbe passato a quell'ora tarda.
Infatti era il tramonto e il sole batteva sulle meravigliose pietre che brillavano di mille colori, tanto che le bambine rimasero a guardarle.
"Cosa fate lì a bocca aperta?" urlò il nano infastidito.
Stava per insultarle di nuovo che si sentì un borbottio, un orso nero uscì correndo dal bosco.
Il nano fece un salto, atterrito, ma non poteva più scappare nella sua tana, perché l'orso era proprio lì, davanti all'entrata.
Allora gridò affannosamente:
"Signor orso, carissimo non mangiatemi! Quest'oro ve lo darò tutto quanto. Risparmiatemi. Cosa ve ne fate di un omuncolo come me? Sono davvero poca cosa sotto i vostri denti." Poi si voltò verso le ragazze e disse: "Prendi loro! Guarda. Sono grasse come due oche. Stupide come due tacchini. Bocconcini prelibati per te!"
L'orso non ascoltò più nulla, gli diede una zampata e quel malvagio non si mosse più.
Nel frattempo le bambine erano fuggite, ma l'orso le chiamò:
"Rosabianca, Rosarossa! Aspettate, vengo con voi!"
Le ragazze riconobbero la voce del loro amico orso e si fermarono; quando l'animale le raggiunse la pelle d'orso cadde, ed ecco che apparve un giovane vestito di oro.
Allora disse: "Sono il figlio del re. Il perfido nano che aveva rubato i nostri tesori, mi aveva stregato ed io ero costretto a correre nel bosco sotto forma di orso, potevo liberarmi dall'incantesimo solo con la morte del nano. Ora ha avuto il castigo che si merita."

Così Rosabianca sposò il principe e Rosarossa il fratello, si divisero i tesori che trovarono nella caverna del nano.
La vecchia madre visse ancora molti anni presso le figlie e fu molto felice e tranquilla.
Portò via con sé i due rosai, che piantò davanti alla sua finestra e ogni anno, in primavera sbocciavano le più belle rose bianche e rose rosse.

 



Riadattamento by Ximi
 



Le parole difficili:

In questa bella fiaba ci sono alcune parole difficili, che ho segnato con un bel colore violetto, qui di seguito c'è un piccolo dizionario con i significati delle parole e le alternative più semplici se i vostri bambini sono molto piccoli.



Ammirare: osservare con meraviglia, rimanere affascinati. 
Laborioso:  chi lavora con passione, operoso.
Acchiappare: catturare, prendere. 
Accovacciarsi: accucciarsi.
Pernottare: passare la notte.
Chiarori: luci tenui, lieve luce.
Scintillante: luccicante, risplendente, brillante.
Abisso: precipizio, burrone.
Vegliare: fare la guardia, proteggere, avere cura.
Sbrigare: fare, compiere, eseguire.
Paiolo: recipiente in rame.
Lustrato lucidato, pulito, reso brillante.
Inforcare: inforcare gli occhiali = mettere su gli occhiali.
Ristoro: riposo, conforto.
Viandante:viaggiatore, forestiero.
Uscio: porta, ingresso, entrata.
Intenzioni: scopi, propositi.
Mugolare: fare un verso come un gemito di felicità.
Goffo: maldestro, impacciato.
Verga: bastone.
Trottare: correre velocemente, affrettarsi
Impigliare: rimanere intrappolato in qualcosa.
Abbattuto: buttato a terra.
Raggrinzita: grinzosa, piena di pieghe.
Ingordi: golosi, insaziabili.
Cuneo: pezzo di legno o di ferro a forma appuntita, che serve per facilitare la spaccatura di un oggetto, in questo caso un albero.
Zoticone: chi si comporta in modo incivile e rozzo.
Scellerate: malvagie, sciagurate.
Stizzito innervosito, indispettito.
Attorcigliato: avvolto su se stesso.
Giunco:pianta erbacea che cresce in zone paludose e con acqua.
Sbrogliare sciogliere, liberare.
Squittire. Stridere, verso del topo.
Cunicolo passaggio sotterraneo. 
Brughiera: terreno ricoperto di cespugli, erba, arbusti ed erica.
Intrufolare introdursi di nascosto.
Cupo: profondo.
Borbottio: brontolamento.
Atterrito: spaventato.
Affannosamente: con affanno, agitato, con ansia e pena.



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