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martedì 8 settembre 2015

Due mini racconti su Ispirazione di Calvino... wow

Se volete credermi, bene. Ora dirò come è fatta Ottavia, città-ragnatela. C’è un precipizio in mezzo a due montagne scoscese: la città è sul vuoto, legata alle due creste con funi e catene e passerelle. Si cammina sulle traversine di legno, attenti a non mettere il piede negli intervalli, o ci si aggrappa alle maglie di canapa. Sotto non c’è niente per centinaia e centinaia di metri: qualche nuvola scorre; s’intravede più in basso il fondo del burrone.
Questa è la base della città: una rete che serve da passaggio e da sostegno. Tutto il resto, invece d’essere sopra, sta appeso sotto: scale di corda, amache, case fatte a sacco, attaccapanni, terrazzi come navicelle, otri d’acqua, becchi del gas, girarrosti, cesti appesi a spaghi, montacarichi, docce, trapezi e anelli per i giochi, teleferiche, lampadari, vasi con piante dal fogliame pendulo.
Sospesa sull’abisso, la vita degli abitanti d’Ottavia è meno incerta che in altre città. Sanno che più di tanto la rete non regge.
Italo Calvino, Le città invisibili

Seguo la proposta di Alice Trasforti nel suo blog, per continuare il racconto di Calvino e lasciare una traccia di questa città invisibile, ma è proprio invisibile come pensiamo? 

 Racconto uno  - NON METTER RADICI
 Leggermente più in basso di ciò che riuscissi a vedere era cresciuta una piccolissima pianticella, dallo strano colore, profumo neutro e poco robusta all'apparenza, niente pareva sfuggirle e aveva la delicata sensibilità di seguirmi ove io guardassi, con lievi movimenti del suo fragile gambo.
Dapprima non mi era parsa tanto interessante. Non quanto quegli effimeri abissi nella città di Ottavia, ove nulla sembrava fermo e costante. Per qualche strana ragione, però mi ritrovavo sempre nel vuoto che portava a quella pianticella, più in basso di ciò che potessi vedere.
Ogni volta mi pareva più bella della volta precedente e più ignara di tutti i pericoli di quella astrusa città. Se fossi stata come quella pianta niente avrei temuto, sarei stata in grado di crescere in ogni dove, senza darmi preoccupazione di dove metter radici.
E infatti ella era così, ogni volta lievemente mutata, con qualche radicetta in più e qualche nuovo germoglio dai colori irridescenti.

Racconto due - MA MI AMI DAVVERO? 
Diceva di amarmi. Ma si puo' amare una donna scavalcando abissi e correndo all'impazzata su e giù per quella città dove tutti si sentivano dannati e percorrevano le strade sempre con quel brontolio sommesso ? Niente lamentele come tutti gli altri, niente paure e singhiozzi, ma solo una allegra consapevolezza che al di là di quel vuoto che si annidava intorno a noi, vi era la "meraviglia delle meraviglie".
Davvero non ne potevo più di sentirmi ripetere questo fraseggio senza senso, mentre pettinavo le corde dei ponti e ascoltavo la musica degli infiniti fondali.
In fondo non chiedevo poi tanto, che mi amasse come tutti gli altri.

'Eppure io l'amo piu' di ogni altro... E sono certo che esista la' fuori la meraviglia delle meraviglie...'








3 commenti:

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
Blogghidee - Ximi - ha detto...

@Alice,
scusami ho cancellato per errore il tuo piacevole commento, spero ripasserai per ripubblicarlo :)
Grazie per i complimenti, sono molto contenta ti sia piaciuto questo esperimento da parte mia :D
A presto,

Simona Nania ha detto...

trovataaaaaaa ...(in riferimento al commento lasciato prima su blogghidee....) mò ti aggiungo..

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